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Blog – Il Burlesque

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La scorsa settimana ho potuto assistere ad uno spettacolo di Burlesque di Lola Lustrini.

Da una quindicina di anni si parla molto del “Burlesque”. Sinceramente, non mi ero mai documentato sulla questione ed ero anche un po’ prevenuto come, mi sembra, lo siano tutt’ora in molti: in fondo, trattandosi di “una sorta di spogliarello”, detto in modo frettoloso e superficiale, è facile cadere in definizioni o addirittura giudizi poco lusinghieri.

Il Burlesque nasce come vera e propria forma di spettacolo quasi 3 secoli fa in Inghilterra, per poi approdare negli Stati Uniti. Si trattava di uno spettacolo che univa satira, danza e ironia da parte di ballerine esperte che parodiavano le classi più abbienti. Il genere subì una progressiva trasformazione negli anni, sia nei contenuti che nella tipologia di numeri e livelli di nudità ed anche a seconda delle aree geografiche (numeri di danza del ventre ad esempio). A partire dagli anni 60 esso decade in vera e propria pornografia ed il termine “burlesque” entra cadde nel dimenticatoio, per poi tornare di moda negli anni 90 caratterizzati dalla corrente vintage.

Oggi esiste quindi un neo-burlesque, il quale si ispira alla vera tradizione ma con la presenza di sole donne dotate di reale talento canoro e ballerino, vicine allo stile del varietà, ispirandosi quasi essenzialmente agli spettacoli degli anni 20 e 30 e parodiandone costumi, musiche, acconciature: sono spettacoli essenzialmente autoreferenziali che tralasciano l’aspetto della rivolta sociale. A fianco ad esso, ovviamente, vi è anche quello che chiamerei lo stile “pseudo-burlesque” : una semplice forma di volgare striptease scevro da ogni qualità artistica. Ma a noi questo non interessa.

Ho scoperto così un “vero” neo-burlesque di classe e talento, piacevole e anche fine. Brava Lola Lustrini!

Storia del burlesque

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Blog – oggi i Morti – a mio papà

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Il padre.

Caro papà, oggi 2 novembre, in questo giorno non facile da dimenticare, 13 anni fa ci hai lasciato: proprio il giorno dei Morti.

Mi manchi, e spesso nelle mie giornate ti penso con infinito affetto e oggi in questo giorno particolare, mi piace festeggiarti con alcune poesie che parlano di te:

 

A MIO PADRE - ALGONSO GATTO

SE MI TORNASSI QUESTA SERA ACCANTO

LUNGO LA VIA DOVE SCENDE L’OMBRA

AZZURRA GIA’ CHE SEMBRA PRIMAVERA,

PER DIRTI QUANTO E’ BUIO IL MONDO E COME

AI NOSTRI SOGNI IN LIBERTA’ S’ACCENDA

DI SPERANZE DI POVERI DI CIELO

IO TROVEREI UN PIANTO DA BAMBINO

E GLI OCCHI APERTI DI SORRISO, NERI

NERI COME LE RONDINI DEL MARE.

MI BASTEREBBE CHE TU FOSSI VIVO,

UN UOMO VIVO COL TUO CUORE E’ UN SOGNO

ORA ALLA TERRA E’ UN’OMBRA LA MEMORIA

DELLA TUA VOCE CHE DICEVA AI FIGLI:

--COM’E’ BELLA NOTTE E COM’E’ BUONA

AD AMARCI COSI’ CON L’ARIA IN PIENA

FIN DENTRO AL SONNO- TU VEDEVI IL MONDO

NEL PLENILUNIO SPORGERE A QUEL CIELO,

GLI UOMINI INCAMMINATI VERSO L’ALBA.

 

RICORDO DEL PADRE - SIBILLA ALERAMO

SEMPRE CHE UN GIARDINO M’ACCOLGA

IO TI RIVEGGO, PADRE, FRA AIUOLE,

LIEVI LE MANI SU COROLLE E FOGLIE,

VIVO RIVEGGO CAREZZARE TRALCI,

ALLEVI ROSE E LABILI CAMPANULE,

SILENZIOSO TI SMEMORANO I GIACINTI,

STAI FRA COLORI E CALDI AROMI,

PADRE, SOLITARIO TROVANDO, IVI SOLTANTO,

PAGO E PERFETTO SENSO ALL’ESSER TUO.

 

PAPA’ RADICE E LUCE, PORTAMI ANCORA PER MANO - LUISA SPAZIANI

PAPA’, RADICE E LUCE,

PORTAMI ANCORA PER MANO

NELL’OTTOBRE DORATO DEL PRIMO

GIORNO DI SCUOLA.

LE RONDINI PARTIVANO, STRILLAVANO:

FRA CINQUANT’ANNI CI RICORDERAI

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Blog - Ognissanti - il mio Santo

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Come molti già sapranno, sono napoletano e, pertanto, il mio santo patrono è San Gennaro. Anzi, per la verità, sono puteolano e dovrei quindi essere devoto a San Procolo. Invece, mi sento più legato a San Gennaro, avendo vissuto molto a Napoli e amando molto questa città. Tuttavia, in fondo al cuore ed alla mente, vi è posto per qualcun altro: per San Raffaele, arcangelo. San Raffaele, nell’etimologia ebraica (Rafa-El) significa colui che guarisce ed è quindi simbolo di salute e di amore, rappresentato dai pesci e dai medicamenti. Per i cattolici, oltreché essere il patrono dei farmacisti, profughi, viandanti e sposi, è anche quello dei giovani. Infatti, i giovani che lasciano la casa familiare vengono affidati a San Raffaele.

Raffaele, poi, era il nome del mio amato papà: un papà dolce, buono e affettuoso; ed era un pescatore.

Raphael è poi il nome che ho voluto dare a mio figlio. Una cosa mi ha anche colpito moltissimo: quando siamo andati a fare il primo controllo ecografico, il medico stimò che il concepimento era databile al 24 ottobre. Ed il 24 ottobre è proprio SAN RAFFAELE!

Una circostanza che mi ha impressionato e che mi fa sentire molto vicino a questo arcangelo che troverete sotto dipinto da Cima da Conegliano, tra i santi Niccolò e Giacomo.

 

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Blog – Eduardo de Filippo – ricorrenza

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24 maggio 1900 - 31 ottobre 1984 

Caro Maestro, caro Eduardo,

Vi do del Voi, come mi avevate insegnato, quando giovanissimo tremavo di paura (o meglio: avevo il «timor reverentialis»), ma anche di gioia al Vostro cospetto.

Oggi nel 33° anniversario del Vostro lungo viaggio, voglio approfittare dei "social" (parola che Vi farebbe molto ridere oggi), per ringraziarVi pubblicamente.

Grazie per tutti quegli insegnamenti che mi hanno permesso di interpretare la miriade di personaggi che ho avuto la fortuna di far vivere. Nella creazione di un mio personaggio, la Vostra voce, le Vostre indicazioni, la Vostra determinazione e sicurezza, mi sono stati sempre accanto, soprattutto la sera delle prime, quando il cuore batte forte e più forte ancora!! Come quella sera d’estate a Ferrara nel lontano 1981, quando Voi in quinta mi avete incoraggiato con amore a varcare, a calpestare, quella piccola magica linea che ti catapulta dal buio delle quinte alla luce inesorabile e misteriosa del palcoscenico.

Caro Maestro, grazie infine per la pazienza che avete avuto sempre nei miei riguardi e grazie anche per qualche cosiddetta “cazziata” fattami in corso d’opera. All’epoca ci restavo male, ma oggi riconosco che avevate ragione, e Vi confesso che anche le strattonate mi hanno tanto giovato.

Vi abbraccio e Vi saluto pur sapendo che mi siete sempre accanto in questo cammino di croce e delizia che è il teatro.

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Blog – ricetta - frittata di cipolle con segreto - di Pupella Maggio

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RICETTA TRAMANDATAMI DALLA MIA AMATA PUPELLA MAGGIO.

La prima cosa che mi diceva Pupella era: “Genny, ricordati che questa frittata di cipolle, deve risultare come un dessert”. Ed aveva ragione!!

Intanto per quanto riguarda la qualità della cipolla, consiglio di usare “LA CIPOLLA RAMATA DI MONTORO”, oppure “LA CIPOLLA DORATA DI PARMA”.

Procedimento: affettare a mano le cipolle (un etto di cipolle per ogni uovo). A parte, preparare un contenitore di acqua dove sciogliere un cucchiaino da caffè colmo di bicarbonato di sodio, affinché si elimini l’acidità della cipolla (ed è questo è il piccolo segreto), ed immergervi le cipolle affettate, lasciandole riposare per circa 20 minuti. Mescolare di tanto in tanto.

N.B. un cucchiaino di bicarbonato per ogni litro di acqua.

Trascorso i tempo necessario, colare le cipolle, sciacquarle rapidamente sotto l’acqua corrente ed asciugarle bene con un panno di cotone o di lino. In una padella antiaderente fate riscaldare dell’olio di oliva extravergine ed immergete le cipolle che lentamente vanno appassite e cotte fino a diventare dorate. A questo punto spegnere il fuoco.

Sbattere le uova, salare e pepare (a piacimento), aggiungere due cucchiai di latte, ed aggiungere le cipolle cotte colate possibilmente con una forchetta dall’olio della padella. Mescolare bene le cipolle nelle uova battute. Riaccendere il fuoco sotto la padella e, se necessario, aggiungere ancora un po’ d’olio: quindi calare il composto uova/cipolle. Cuocere lentamente.

A questo punto l’abilità consiste nel girare la frittata ovviamente senza romperla oppure, come faceva la grande Pupella, arrotolandola ripetute volte su se stessa, in modo da ottenere un rotolo eventualmente da affettare.

La cottura è a vostro gradimento… Pupella l’amava un po’ bruciacchiata… ma solo “appena appena” come lei stessa diceva.

Bene, non mi resta che augurarvi buon appetito e se volete, fatemi sapere….

Ps. Doveva essere quindi “come un dessert”, perché la cipolla, con l’uso del bicarbonato, diventa dolce.

Buona giornata.

 

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Blog – con Zizì Jeanmaire

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Stamane voglio parlarvi di una delle più rappresentative e talentuose ballerine e showgirl del music-hall francese, divenuta poi anche mia carissima amica, la grande ZIZI’ JEANMAIRE che oggi ha 93 anni e abita a Ginevra.

Dopo sei anni di studio alla scuola di danza dell’Opera di Parigi, Zizì lascia l‘Opera perché questa le impedisce di danzare anche negli altri teatri e dà avvio ad una personale ed inarrestabile carriera da protagonista che la porterà sulla scena internazionale. Ben presto conosce ROLAND PETIT, coreografo al SARAH BERNHARDT e destinato a diventare suo marito e mentore per oltre mezzo secolo. Entrambi nel Ballet de Paris, raggiungono un incredibile successo planetario con CARMEN, che debutta a Londra nel 1949, diventando così una delle più solide ed apprezzate coppie artistiche. Trascinante, ironica, piena di energia e leggerezza, la JEANMAIRE appare come una donna di spettacolo completa. Danzerà persino al fianco di stelle di prima grandezza come RUDOLPH NUREYEV E BARYSHNIKOV.

Uno dei numeri più famosi, inventato dalla coppia ZIZI’-ROLAND è “MON TRUC EN PLUMES” riproposto sotto. Malgrado i problemi fisici, Zizì ha continuato ad esibirsi sotto la guida illuminata di PETIT, con lo stesso entusiasmo di sempre fino agli anni novanta, esattamente 1997, anno in cui l’ho incontrata per la prima volta.

Infatti, per il Premio Internazionale dell’Operetta 1997, anno in cui ero uno dei protagonisti del Festival dell’Operetta di Trieste, ZIZI JEANMAIRE, viene invitata con un suo spettacolo e premiata. Gli organizzatori volevano che la motivazione del premio si leggesse in francese: guarda caso, di tutti gli artisti presenti, l’unico che potesse leggere e conferire in francese ero io. Che fortuna!!! Quest’occasione mi diede la possibilità di leggere la motivazione, premiare la diva, di stare al suo fianco a fianco per tre giorni e di conseguenza di diventare suo amico. Un’amicizia che dura tutt’ora. Ti voglio molto bene mia carissima ed unica ZIZI’.

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Blog – una cosa raccapricciante, sono molto arrabbiato!!

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Ieri ho preso l’autobus per andare al centro di Roma.

Nonostante fossero le 10 del mattino e, suppongo, i più giovani dovrebbero stare a scuola a quell’ora, vedo un gruppetto di 5-6 ragazzi tra i 15 e 16 anni letteralmente svaccati sui sedili, con i piedi per aria, sguardi strafottenti, mentre uno di loro fuma indisturbato.

Nessun passeggero dice nulla.

Io faccio uguale, e mi dirigo verso il centro dell’autobus.

Alla seconda fermata sale una donna anziana, munita di una stampella: è in sovrappeso e fatica a camminare; è probabilmente anche affetta da poliomielite, in quanto la gamba sinistra è di almeno 20 centimetri più lunga della destra. Io e un altro passeggero, la aiutiamo a salire quei 3 gradini ridicolmente alti per un mezzo pubblico.

L’autobus è pieno: nessun posto a sedere. La donna si dirige verso il posto riservato agl’invalidi - occupato da uno di quei giovani sopradescritti - e chiede con garbo che le venga ceduto il posto.

Il giovane la squadra di alto in basso, con disprezzo, continua a masticare la sua gomma, e dopo circa 15 secondi che sembrano un secolo le risponde: “ce l’hai la tessera?”.

I giovani ridono, gli altri passeggeri sono inorriditi: scuotono la testa con disapprovazione, ma rimangono zitti.

La donna risponde: “per favore, ho bisogno di sedermi”. L’altro continua: “fammi vedere la tessera…. anch’io sto male…. oggi mi sento stanco… ieri ho fatto tardi”. Dal gruppo di giovani scoppia una risata gigantesca, crudele, grottesca, tragica.

Io mi avvicino al giovano e urlo: “alzati e dalle il posto”. Un altro giovane mi spinge: “come ti permetti di dare ordini al mio amico?”.

Sono talmente scioccato che devo controllarmi: “o faccio finta di niente o gli spacco la faccia”, penso tra me e me. Non amo la violenza, ma potrei anche usarla, cioè se devo proprio picchiare, picchio, e duro, ma mi contengo.

Alla fine, una signora di mezz’età si alza e cede il posto all’invalida.

Ci sono rimasto malissimo per la giornata intera. Un senso di disagio, di vergogna, di ingiustizia, di sgomento, di impotenza.

Perché? Perché tanta indifferenza, tanta crudeltà? Perché questa assenza di minimo rispetto e, direi, di pietas verso il più debole? L’educazione dove è andata a finire?

E mi ricordo alcune storie che mi racconta una mia amica supplente alle medie: le basi della più elementare educazione sono venute a mancare; insegnare è diventato impossibile.

Ho voluto raccontare questo episodio rivelatore, a mio giudizio, di un malessere molto profondo ed esteso nella nostra società e gioventù (o quantomeno di buona parte di essa). Per ora mi fermo qui e spero di ricevere alcuni commenti. Più in là riprenderò il discorso.

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