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L’Invisibile che c'è 2013-2015

Pubblicato in Teatro

Mio figlio? È sempre stato curioso. Una volta mi disse: papà, ma davvero esiste il paradiso? Non c’è padre che possa fornire questa risposta pensando di poter essere preceduto, in questo passaggio ultraterreno, dal proprio figlio. È un dolore senza nome perché inverte le leggi della Natura e come tutte le cose contro Natura ha in sé qualcosa di abominevole. Un padre e un figlio, un figlio e il suo papà: un legame ovviamente profondo e viscerale, un legame che porta l’uomo della nostra storia, un padre, appunto, a vivere emozioni forti e profonde. Vedere il figlio nascere, crescere, diventare uomo e...

Ne “l’invisibile che c’è” tutto rimane sospeso, tutto orbita intorno a quella ´e`. E come il modellino di un trenino elettrico, dove tutto funziona in virtù della perfezione di una serie infinita di minuscoli meccanismi, così le nostre esistenze scorrono fino a quando qualcosa non inceppa quei meccanismi e tutto si blocca, si complica e anche percorrere pochi metri diventa un’impresa improba.

La vita, si sa, è imprevedibile, ma cosa accadrebbe se lo diventasse anche la morte?

Pochi si sono presi la briga di narrare la storia d’amore tra un figlio e suo padre e questa vicenda ne è intrisa, con semplicità.

In questo spettacolo si vola: lo spettatore fluttua e non sempre se ne accorge. Le emozioni sono fortissime e contrastanti. Si affrontano temi drammatici, ma con fantasia e leggerezza, con ilarità e misticismo, il tutto avvolto da un’atmosfera surreale. Una commedia sul dolore, quasi un ossimoro. Anche la morte di un figlio, del resto, è un concetto profondamente contraddittorio. Insomma, l’amore e la vita sono faccende con dinamiche straordinarie. Ma anche la morte...

Papà... Figlio mio, ma sei tu? Si papà, so’ io. Ma, addo’ stai? Qua, giusto dietro a te. Dietro a me? Ma io non ti vedo! Però mi senti...

 

Autore: Antonio Grosso

Regia: Paolo Triestino

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L’alba, il giorno, la notte

Pubblicato in Recensioni

Gennaro Cannavacciuolo, bravissimo, fa in parte sua la lezione di Poli e punta sulla dizione, con vocali chiuse e intonazioni ispirate o da fine dicitore, e gesti esteriori d’epoca, da film muto o comica finale, cone quel piede che s’alza a ogni bacio.

Paolo Petroni, Corriere della Sra, 28.02.90

 

Gli attori, uno scintillante Gennaro Cannavacciuolo e una Lucia Ragni autoironica, hanno soprattutto il merito di ammiccare senza mai dar di gomito, conservando sempre la misura.

Rita Sala, Il Messaggero, 24.02.90

 

Gli interpreti Gennaro Cannavacciuolo e Lucia Ragni scatenano le risate: i due interpretati non avrebbero potuto essere più bravi né più spiritosi.

Masolino d’Amico, La Stampa, 23.02.90

 

… abbiamo ha disposizione un eccellente Gennaro Cannavacciuolo.

Rodolfo di Giammarco, La Repubblica, 23.02.90

 

Lucia Ragni e Gennaro Cannavacciuolo: due bravissimi attori.

Vittorio Morelli, Corriere della Sera, 21.02.90

 

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Miseria e grandezza nel camerino num.1

Pubblicato in Recensioni

facce del pubblico…. Gennaro Cannavacciuolo, brillante, altalenante tra la mistica dittatorialità del teologo e la cupidigia erotica dello stagnaro o le smaniosità omossessuali del sarto di scena.

Mariola Boggio, Avanti!, 11.01.87

 

Da tenere a memoria Gennaro Cannavacciuolo, giovane attore della scuola napoletana: dal frate all’idraulico, al pubblicitario laureato alla Columbia University con la puzza sotto il naso del massmediologo, al sarto della prim’attrice fornito di corone corone d’aglio, una galleria di metamorfosi ben studiate.

Nico Garrone, 1986

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