Attore e cantante italiano, lavora in teatro, cinema, tv e in molte operette. Vincitore di numerosi premi, fra cui il premio ETI 2009.
URL del sito web: https://www.gennarocannavacciuolo.com
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Pezzo storico, la “rumba d’’e scugnizze” è stata scritta ed interpretata da Raffaele Viviani ed è oggi un pezzo emblematico. Ma chi era lo Scugnizzo?
Berretto di traverso, impertinente, giocatore di “strummolo” e con un mozzicone di sigaretta tra le labbra: questo, nell’immaginario, l’immagine dello “scugnizzo”, termine rimasto nella lingua napoletana come simbolo di un passato nemmeno troppo lontano, che qualifica quei ragazzini indisciplinati, scanzonati, per nulla avvezzi allo studio, veri monelli viventi di accattognaggio e quindi ignoranti intellettivamente ma che molto hanno capito della vita di strada…
L’etimologia del termine è poco nota, anche se l’ipotesi più accreditata è quella di Ferdinando Russo: lo strummolo (la trottola), trattandosi di un gioco tra due partecipanti circondati da spettatori coetanei, è immaginabile che, all'inizio della "partita", qualcuno di questi si sia chiesto: "chi 'o scogna, chisto o isso?" e che a tale interrogativo sia stato risposto: " 'o scogn 'isso!". Termine ante litteram trasposta in scugnizzo'!
Dello scugnizzo, il volto più famoso è rimasto sicuramente quello di Raffaele Viviani che, nel 1938, con “L’ultimo scugnizzo”, conquisterà la fama al cinema. Un personaggio piuttosto tragico, anche se rimane gioiosi e sarcastico nei confronti del mondo che lo circonda. Questo personnaggio diventa popolare nel teatro di Viviani e ottiene l’attenzione di molti intellettuali.
Lo scugnizzo di Viviani è molto vivace, compie sulla scena capriole, atti pittoreschi, burle e rispecchia profondamente le sue origini e il suo modo di essere un ragazzino monello e sfacciato.
Da questa visione dello “scugnizzo” napoletano nasce un bellissimo canto popolare che unisce a se un genere esotico quale la rumba, danza afrocubana nata nel 1920 circa.
Con l’esibizione di questo bellissimo canto popolare, l’attore unisce lo spirito napoletano a quello africano.
Qui appresso una bella interpretazione della “rumba degli scugnizzi”, tratto dallo spettacolo Novecento Napoletano, in cui sono protagonista, per la regia di Bruno Garofalo, ma non nella predetta rumba. La videoclip è tratta da "900 Napoletano LIVE" Prodotto da Euromedia Napoli | Luigi Passariello Editore.
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Alzi la mano chi non si è mai imbattuto in un corno napoletano?!
Storto, a punta, cavo, rigido e rosso, il corno, detto “curniciello portafortuna” per essere efficace non deve essere acquistato, bensì ricevuto in regalo, Inoltre deve essere fatto a mano di modo che chi lo crea trasmetta le sue influenze positive le quali accompagneranno il suo portatore.
E’ una storia antica quella del corno. Sembra che i poteri dell’amuleto risalgano all’età della pietra (Neolitico) e derivanti dalle corna degli animali, portatrice di forza fisica. Già nell’antico Egitto, quindi nell’età romana, grandi personaggi quali Alessandro Magno, i Faraoni e Mosè ad esempio ornavano i loro elmi con le corna in occasione di parate, eventi importanti e battaglie.
Sembra anche che in epoca romana, il corno, per analogia alla sua forma “fallica”, diventi anche simbolo di virilità e fertilità, oltreché di forza e fortuna.
Nel periodo medioevale si consolida definitivamente la sua fama di portafortuna, tant’è che gli artigiani napoletani iniziano la sua produzione. Il corallo è il materiale prescelto, sia perché già all’epoca ritenuto magico e benefico per le donne incinte, ma anche perché di colore rosso e quindi collegato al sangue ed al fuoco, emblemi di vita, energia e potenza.
Non credo vi sia ad oggi casa napoletana sprovvista di un corno la cui produzione abbonda nelle botteghe del centro storico.
In fondo, il corno è una testimonianza del sincretismo religioso dell’anima napoletana, della sua tipica mescolanza di sacro e profano, di convivenza tra gli opposti e delle contraddizioni che ne derivano.
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Oggi voglio parlarvi di un bel movimento ahimè necessario, se non fondamentale, in una città degradata come Roma: Retake Roma. Si tratta di un’organizzazione di cittadini, apartitica, no profit, impegnata nella lotta contro il degrado, nella valorizzazione dei beni pubblici e nella diffusione del senso civico.
Prima di Natale, ho passato una mezza giornata al Parco Nemorense dove porto spesso mio figlio. Con un buon centinaio di volontari, di ogni fascia di età, si è provveduto a sistemare panchine rotte, dipingere quelle piene di graffiti, raccogliere cartacce, mozziconi e tappi di birra, aggiustare e/o consolidare i giochi per bambini, cancellare le scritte sulle colonnine di marmo e quant’altro. Abbiamo iniziato alle 9h30 e già verso l’ora di pranzo il parco aveva cambiato aspetto.
E’ stato un gran da fare a cui sono stato veramente felice di partecipare, coinvolgendo mio figlio rimasto entusiasta di questa sua nuova esperienza che ripeteremo sicuramente. Il mio sentimento in merito si rivela invece contrastato: da una parte la felicità nel costatare che esistono molte persone disinteressate, dotate di grande senso civico, generosità e (com)partecipazione alla tutela del bene comune, desiderose di trasmettere questi valori ai più giovani. Dall’altro, sento una grande tristezza in quanto tale atteggiamento dovrebbe essere innato, o quantomeno logico, soprattutto per un giovane adulto, l’unico possibile per la valorizzazione e tutela di una città meravigliosa come Roma; la mia delusione quindi è grande verso i tanti cittadini incuranti, menefreghisti, che vedo ogni giorno sporcare la città, mentre rimango allibito di assistere, da anni, ed indipendentemente dal partito di turno al potere, all’assoluta incapacità della politica di intervenire in modo deciso per dare a Roma quel decoro che merita.
Non basta infatti vantare 2000 anni di storia e relativi reperti storici, occorre preservarli, farne usufruire i tanti turisti che vengono da ogni parte del mondo, ma anche e soprattutto rendere la nostra città accogliente, pulita ed efficiente per tutti, alla pari di altre grandi capitali europee quali Vienna, Berlino, Praga, Londra o Zurigo ad esempio
PS. E non mi si venga a dire che è un problema “numerico”: perché Central Park, a NY, è pulitissima. Ed a NY, di certo, ci sono molti abitanti e molti turisti!